Mancano poco meno di cinquantadue settimane alle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 e la nuova legislatura, come quella che si aprì nel 2004 con l’allargamento all’Europa centrale e si concluse nel 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, determinerà il futuro dell’Unione europea e del continente travolti prima dalla pandemia e poi dalla guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina.
Contrariamente alla legislatura dal 2004 al 2009 in cui l’allargamento ha preceduto l’approfondimento, la decima legislatura europea vedrà probabilmente una inversione nell’ordine delle priorità perché non è immaginabile l’ingresso di nove paesi nell’Unione europea (Serbia, Macedonia del Nord, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania, Kosovo, Ucraina, Moldova e Georgia) senza modificarne l’assetto istituzionale (politics) e le politiche (policies).
È in questa direzione che si conclusa nel maggio 2022 la Conferenza sul futuro dell’Europa con le sue 49 raccomandazioni ed in questa direzione si sta muovendo il Parlamento europeo con il rapporto della Commissione affari costituzionali che dovrebbe essere approvato dalla Assemblea per essere trasmesso prima al Consiglio e poi al Consiglio europeo.
È in questa direzione che si è mosso del resto il gruppo degli amici della “maggioranza qualificata nella PESC” su iniziativa tedesca con l’obiettivo di scardinare lo storico tabù del potere di veto nelle relazioni esterne indicando che questa strada dovrebbe essere percorsa prima del grande allargamento ai Balcani e all’Europa orientale.
Poiché non è immaginabile né praticamente possibile che il processo dell’approfondimento e cioè del superamento del Trattato di Lisbona entrato in vigore oltre tredici anni fa sia avviato prima delle elezioni europee, la strada della revisione sarà aperta all’inizio del 2025 quando tutte le nuove istituzioni saranno installate sapendo che - in base al risultato dello scrutinio di giugno e cioè delle coalizioni che si potranno formare nella assemblea insieme agli equilibri all’interno del Consiglio europeo dopo le elezioni legislative in Grecia, Spagna, Polonia, Belgio, Lussemburgo e Bulgaria per non parlare, al di fuori dell’UE ma con un impatto nell’UE, delle elezioni legislative in Ucraina a luglio 2024 e presidenziali negli Stati Uniti a novembre 2024 e why not alle elezioni in Russia – si confronteranno le visioni di chi vorrà affermare la prevalenza delle sovranità nazionali e di chi vorrà lavorare per una sovranità europea condivisa.
Sarà in questo quadro determinante il metodo che sarà scelto per l’approfondimento: o la via di una revisione semplificata del Trattato di Lisbona con una conferenza intergovernativa o la via della Convenzione che comunque richiede alla sua conclusione una conferenza intergovernativa o la via spinelliana di un ruolo sostanzialmente costituente del Parlamento europeo o – di fronte alla ostilità insormontabile di alcuni paesi – la via di alcuni soluzioni collaterali intergovernative come fu per Schengen, per il Protocollo Sociale e per il Fiscal Compact salvo integrarle successivamente nei trattati.
Al di là delle politics saranno sul tavolo delle istituzioni le policies che richiederanno delle decisioni anche prescindendo dalla revisione di Lisbona e che qui riassumiamo in quelle principali:
- Il debito pubblico europeo dopo la scadenza nel 2026 del NGEU
- Il quadro finanziario pluriennale dal 2028 in poi
- Il completamento dell’UEM
- La transizione digitale (la big democracy per governare l’intelligenza artificiale e garantire l’autonomia tecnologica e industriale dell’UE) e la transizione ecologica ed energetica in vista del 2030-2035
- Le politiche migratorie se non sarà superato Dublino prima delle elezioni europee
- Il rilancio della dimensione “olistica” dello spazio di libertà. Sicurezza e giustizia che da Amsterdam (maggio 1999) e Tampere (novembre 1999) è rimasto sostanzialmente chiuso alla dimensione delle politiche migratorie
- La difesa europea
- Last but not least l’attuazione del piano d’azione sociale adottato a Porto nel maggio 2022.
Risposte
Fabio, grazie per la Comunicazione on pre-enlargement.
Come rituale, il linguaggio è sempre molto vago e elusivo in particolare sullo stato operativo ed amministrativo dei paesi candidati.
Ne è classico esempio il capitolo Home Affairs-Border Management dove si segnala progresso con la strong cooperazione dei paesi candidati con le comptenti amministrazioni dei paesi membri e le agenzie UE.
Subito dopo però si sottolinea la cotraddizione tra la cooperazione che sta dando risultati ma per la modernizzazione e digitalizzazione delle procedure di controllo delle persone e doganale si segnala col futuro che esse "will be crucial".
Questo potrebbe voler significare che i candidati hanno fatto poco in tutti questi anni.
Speriamo che non si faccia un altro allargamento "politico" senza vera conformità delle leggi e procedure dei candidati alle regole UE;
Comunicazione della Commissione europea sulle riforme da fare per l...
Grazie per il testo della comunicazione sulle riforme da attuare in vista dell'allargamento .... a quali paesi ? Ucraina Georgia e Moldavia ?
Davide Tenti ne aveva anticipato il contenuto se ricordo bene.
Avevo ritenuto in particolare il principio di un processo di integrazione prioritaria tra i paesi candidati ,prima della formalizzazione dell'adesione all'UE ? Tale principio è stato ritenuto definitivamente?
https://euractiv.it/section/capitali/news/il-controllo-democratico-...
Ritengo di estrema importanza L'azione del PE contro la commissione europea,per lo sblocco dei fondi a favoredell'Ungheria nel dicembre scorso . Non è forse la CE la guardiana dei trattati e non spetta a questa istituzione esigere il rispetto delle regole da parte degli Stati membri? Trattandosi poi dell'Ungheria non possiamo più a lungo tollerare il venire meno ai principi e leggi dello Stato di diritto accolte nell'aderire allaUE ,le regole vanno rispettate senza se e ma.
Oggi il nyt scrive di Macron e Scholz. Pare che i due non abbiano affinità di idee su Ucraine e Russia e sulle modalità della riforma istituzionale per assicurare un futuro alla UE.
Se il famoso asse portante Franco-Tedesco non funziona, cosa potra mai partorire la riforma della UE e in quali condizioni si allargherà la medesima?
In ogni caso, la UE resterà una istituzione xche serve agli Europei ma anche ai nostri cari alleati Americani, che ci guideranno ancora secondo le loro strategie e interessi.
Se un giorno la UE avrà finalmente recuperato la sovranità in politica estera e potrà decidere del suo futuro in autonomia, avanzando e guardando a Est e non avanzando guardando indietro all'Atlantico senza vedere dove mette i piedi e rompersi la testa (soprattutto economica) per colpe altrui, allora si potrà considerare un novello allargamento, magari estendenolo ad una Russia democratica senza Putin e Putiniani.
L'allargamento si deve fare per disegno e decisione e interesse della UE e non di altre superpotenze!!!!!!!!!
Buongiorno, mi occupo del tema dell'Allargamento UE da oltre 10 anni e sono a disposizione per animare una discussione, laddove sia considerata utile.
Allego un video a due miei interventi sul tema lo scorso novembre a Verona (https://www.youtube.com/watch?v=G33jKYh-WfM) e Trento (https://www.youtube.com/watch?v=G33jKYh-WfM)
Non sono d'accordo con quanto detto dalla signora Von der Leyen sugli allargamenti futuri nel suo discorso sullo "Stato dell'Unione". Sono contrario a nuovi allargamenti senza aver prima risolto alcuni problemi istituzionali.
Per motivi geopolitici comprensibili, nel 2004 abbiamo fatto un grosso allargamento senza il necessario previo "approfondimento". Abbiamo visto a cosa questo può portare. Non dobbiamo ripetere una seconda volta lo stesso errore.
Che posizione abbiamo nel PD su questo punto ?
Riporto un contributo di Pier Virgilio Dastoli sulla pagina Facebook del circolo PD di Bruxelles.
Formula molte domande critiche sugli allargamenti futuri.
"Charles Michel ha annunciato a se stesso, all’Unione europea e ai “futuri membri” che dobbiamo essere pronti ad una comunità di 36 Stati e oltre cinquecento milioni di abitanti per il 2030, l’anno in cui dovranno essere realizzati i diciassette obiettivi per uno sviluppo sostenibile.
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